Onorevoli Colleghi! - Per acquacoltura si intende l'allevamento o la coltivazione di organismi acquatici animali o vegetali, in acque dolci, salmastre o marine. Questa attività ha origini molto antiche e già nel V secolo avanti Cristo in Cina si ha notizia di un primo trattato di piscicoltura, nel quale sono riportate alcune nozioni relative all'allevamento della carpa.
      Reperti archeologici testimoniano come pratiche di allevamento di organismi acquatici fossero già conosciute dagli antichi egiziani e dai romani. La pratica di allevamento in vasche d'acqua dotate di ricambio idrico era praticata frequentemente nella Roma antica, specie per murene e anguille. Nel medioevo si diffuse la pratica di peschiere, soprattutto per merito delle comunità monastiche. In molte ville rinascimentali sono tuttora visibili le «peschiere», vasche di grandi dimensioni nelle quali venivano praticate forme di allevamento di specie di pesce d'acqua dolce, tra le quali lo storione.
      La moderna piscicoltura trae origine dalla fecondazione artificiale della trota, eseguita in Germania attorno al 1740, tecnica poi riscoperta circa cento anni dopo in Francia per merito di un componente del Collegio di Francia.
      L'importanza dell'Italia nella storia dell'acquacoltura va considerata in relazione alle forme di allevamento estensivo di specie ittiche praticato da alcune centinaia d'anni nelle lagune nord adriatiche. In particolare, il modello di gestione idraulico-ambientale praticato sin dalla Repubblica della Serenissima è valso a dare al nostro Paese il primato per quanto riguarda l'acquacoltura in ambienti acquatici salmastri.
      Nel secolo scorso, i progressi compiuti soprattutto per quanto riguarda la fecondazione artificiale della trota hanno consentito la nascita della piscicoltura moderna, fino ad arrivare ai giorni nostri, nei quali sono circa 200 gli organismi acquatici per i quali vi sono adeguate conoscenze atte a forme di allevamento su vasta scala.

 

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      L'acquacoltura consente di ottenere pregiate proteine, utili all'organismo umano, in modo pressoché uniforme a livello mondiale, e ciò permette di consentire un'autosufficienza alimentare e uno sviluppo economico anche nelle aree del mondo svantaggiate. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura - FAO, nel 2001 la quota di pertinenza dell'allevamento sul totale della produzione ittica mondiale si è approssimata ormai al 30 per cento, con un tasso di crescita medio del 10 per cento annuo dal 1990 ad oggi, mentre la pesca manifesta la tendenza a una sostanziale stabilità nonostante l'incremento delle capacità e delle tecnologie, segno evidente del raggiungimento, e a volte del superamento, dei limiti sostenibili di cattura.
      L'interesse per il comparto dell'allevamento ittico è confermato dal fatto che la FAO ha costituito nel 2001 un apposito Sottocomitato per l'acquacoltura, orientato ad assicurare condizioni per uno sviluppo «sostenibile, responsabile ed equo» dell'attività, da cui derivi un prodotto nutriente, economico, sicuro dal punto di vista qualitativo e nel pieno rispetto delle condizioni ambientali locali.
      Le produzioni dell'acquacoltura nell'Unione europea risultano di poco inferiori a 1,3 milioni di tonnellate, fortemente incentrate su alcune specie quali la trota, la spigola, l'orata, i mitili e l'anguilla.
      Nell'ambito della riforma della politica comunitaria della pesca, la Commissione europea ha ritenuto opportuno dedicare alla materia un apposito documento, denominato «Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» (COM(2002) 511 def.), su cui Consiglio e Parlamento hanno espresso il loro accordo, nel quale si individua con chiarezza la necessità di garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti, limitare gli impatti negativi sull'ambiente e promuovere procedure in grado di migliorare il benessere degli animali.
      In Italia la moderna acquacoltura si sviluppa a partire dagli anni settanta con una presenza particolarmente radicata nelle lagune e nelle valli del delta padano e nella fascia pedemontana delle Alpi e degli Appennini. Oggi, con circa 260.000 tonnellate di produzione, pari ad una produzione lorda vendibile - PLV superiore ai 500 milioni di euro, l'acquacoltura nazionale ricopre un ruolo importante per fronteggiare parzialmente il pesante deficit della bilancia ittica, con una importazione ormai attestata attorno al 50 per cento dei consumi interni.
      La struttura produttiva del settore presenta elementi di forza e di maturità nella elevata professionalità e contenuto tecnologico degli allevamenti e in un sistema di controlli che consente di pervenire a produzioni di elevato contenuto qualitativo, ma anche fattori di debolezza consistenti, in particolare, nella struttura dei costi, che espone le imprese nazionali alla agguerrita concorrenza di altri Paesi del bacino mediterraneo e del nord Europa.
      Negli ultimi anni il forte calo dei prezzi al consumo delle specie marine da un lato, e la forte aggressività dei competitori europei per le trote dall'altro, hanno provocato una significativa riduzione dei margini di redditività per le imprese nazionali che devono attrezzarsi per competere sempre più sul fronte della qualità, offrendo al consumatore un prodotto diversificato e con la massima garanzia di salubrità, in linea con la tendenza italiana verso un comparto agro-alimentare di eccellenza.
      L'agricoltura e la zootecnia biologiche, disciplinate da una regolamentazione europea, hanno avuto un grande sviluppo nel nostro Paese, oggi primo in Europa per numero di aziende ed ettari dedicati, e incontrano un interesse crescente dei consumatori anche grazie a una rete distributiva in costante sviluppo. Questo comparto fonda l'originalità della proposta commerciale sulla garanzia certificata di metodi di produzione inseriti armonicamente nei cicli dell'ecosistema, senza utilizzo di additivi e farmaci di sintesi chimica e, nel caso della zootecnia, vietando il ricorso a quelle forme di allevamento rivolte a forzare i ritmi naturali di accrescimento degli animali. È evidente che l'esistenza di un mercato già affermato di
 

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prodotti biologici può costituire una opportunità interessante per le imprese italiane dell'acquacoltura per qualificare un segmento di punta della produzione e offrire una possibilità innovativa a consumatori sempre più attenti alla qualità e alla sostenibilità ambientale degli acquisti.
      Fermo restando che l'acquacoltura convenzionale italiana opera nel rispetto dell'ambiente, del pesce allevato e a tutela del consumatore, l'estensione delle pratiche e della zootecnia biologica all'allevamento ittico, tenuto conto delle ineludibili peculiarità delle produzioni acquatiche, presenta possibilità di sviluppo di indubbio interesse, connesse alla possibilità di incidere sui possibili fattori di impatto ambientale degli impianti di acquacoltura, con particolare riferimento a quelli intensivi, e di ridurre i fattori di stress del pesce. Riduzione del contenuto di ossigeno delle acque e innesco di fenomeni di eutrofizzazione, alterazione della struttura e del popolamento dei sedimenti, uso di antibiotici e formazione di ceppi batterici resistenti, alterazioni genetiche delle popolazioni selvatiche, sono questi i potenziali fenomeni impattanti sui quali incidere, anche con una diversa impostazione dell'allevamento. Ma anche ulteriori garanzie per l'uso di mangimi, di sistemi di disinfezione e metodi di cura che non inseriscano nella catena alimentare sostanze nocive per l'uomo e l'ambiente circostante. È comunque auspicabile che l'allevamento biologico non si limiti a fornire un prodotto di qualità ma sia anche un utile strumento di sperimentazione e di ricerca con ricadute sull'allevamento convenzionale.
      Attualmente il regolamento comunitario per la zootecnia biologica (regolamento (CE) n. 1804/1999 del Consiglio, del 19 luglio 1999) non prevede la sua applicazione alle produzioni acquatiche, ma il dibattito e le sperimentazioni su questo tema sono da tempo stati avviati in diversi Paesi dell'Unione e in vari organismi internazionali. La FAO ha istituito un gruppo di lavoro sulla piscicoltura biologica, l'IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements), organismo internazionale di riferimento per le produzioni biologiche, ha approvato un protocollo-guida per l'acquacoltura biologica, esperienze volontarie di certificazione di prodotti sono già state avviate in Gran Bretagna, Germania, Svezia, Norvegia, Austria, Irlanda, Stati Uniti e Canada, mentre in Italia quattro enti di certificazione per l'agricoltura biologica hanno disciplinari volontari sull'acquacoltura già approvati o in fase di perfezionamento.
      Infine, il già citato documento della Commissione europea «Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea» individua l'acquacoltura biologica ed ecocompatibile come direzione da percorrere.
      Nelle more della definizione di una regolamentazione comunitaria in materia di acquacoltura biologica, con la presente proposta di legge si intende proporre il nostro Paese, primo in Europa per produzioni biologiche agricole, come battistrada per lo sviluppo dell'acquacoltura biologica. L'approvazione di un disciplinare nazionale ufficialmente riconosciuto, di un marchio e di una denominazione univoci e di un sistema di enti di certificazione e norme di controllo può rappresentare un punto di riferimento per ogni futura evoluzione del quadro normativo comunitario e fornire un'importante opportunità per le imprese italiane del settore che potranno proporre sul mercato interno e internazionale il primo prodotto biologico da allevamento ittico garantito da una legge dello Stato.
      La proposta di legge è composta da quattro articoli. L'articolo 1 definisce l'acquacoltura biologica e prevede il disciplinare di produzione. L'articolo 2 definisce il marchio relativo e la denominazione ufficiale, da utilizzare univocamente per l'immissione in commercio dei prodotti. L'articolo 3 definisce il regime dei controlli, demandando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l'approvazione dei criteri per il riconoscimento degli organismi abilitati alla certificazione. L'articolo 4 introduce alcuni importanti incentivi finanziari necessari al decollo dell'acquacoltura biologica, rivolti
 

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alle imprese per la fase di conversione degli impianti. Infine, nell'allegato I è contenuto il disciplinare di produzione, frutto del lavoro di elaborazione in precedenza descritto e articolato in sette capitoli (princìpi generali, sistema di gestione ambientale dell'azienda ittica biologica, conversione, origine degli animali, alimentazione, profilassi e cure veterinarie, metodi di gestione degli allevamenti biologici) i cui contenuti salienti si possono sintetizzare nei seguenti punti:

          definizione dei princìpi generali dell'acquacoltura biologica e delle specie a cui si applica il disciplinare;

          obbligo di promuovere preliminarmente uno studio di compatibilità ambientale finalizzato a minimizzare l'impatto dell'attività sull'ecosistema e un monitoraggio permanente dei principali parametri ambientali;

          conversione al metodo biologico mediante un piano dettagliato controllato dall'ente di certificazione;

          origine degli animali scelta nel rispetto del Codice di condotta FAO per la pesca responsabile e provenienti da unità di produzione gestite con metodo biologico;

          alimentazione esclusivamente composta da risorse naturali certificate e componenti biologiche, con divieto di utilizzare antibiotici, stimolanti della crescita e altri agenti potenzialmente tossici;

          preferenza per i metodi preventivi di cura del pesce, fondati sulle pratiche di prevenzione e uso di prodotti di sintesi solo per evitare sofferenze agli animali, con esclusione dalla certificazione in caso di impiego ripetuto, e raddoppio dei tempi di sospensione;

          salvaguardia del benessere delle specie allevate;

          definizione di limiti massimi di densità per ogni specie allevata, al fine di minimizzare i fattori di stress del pesce e prevenire patologie;

          definizione di limiti minimi di dimensione per i moduli di allevamento, allo scopo di favorire il benessere e il comportamento naturale del pesce;

          obbligo di marcatura e di identificazione per ogni pesce commercializzato ottenuto con metodo biologico e per le parti eventualmente derivate a seguito di lavorazione.

      Per quanto attiene infine alla competenza istituzionale relativamente alla materia, alla luce della vigente riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, si ritiene di poter ascrivere la proposta di legge alla prevalente materia dell'alimentazione, in ordine alla quale permangono i poteri di indirizzo dello Stato, ferme restando le competenze delle regioni e delle province autonome, la cui consultazione è prevista dall'articolato proposto nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la definizione di tutti i provvedimenti attuativi necessari.

 

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